La scrittura non si insegna

La scrittura è qualcosa cui tendere ma anche un esercizio costante, inoltre è strettamente intrecciata con la lettura. Da quando ho iniziato a leggere, ed ho iniziato presto grazie alla meritoria influenza di mia madre (e non le sarò mai grata abbastanza per questo, ovunque lei sia), il desiderio di scrivere – farlo bene, in maniera compiuta – mi ha sempre accompagnata: nei primi anni con trasognato romanticismo, poi col disincanto di chi impara la rassegnazione, fino ad arrivare ad una consapevolezza più realista. Ho preso e mollato diari per lungo tempo, poi ho iniziato a fare lo stesso col blog. Ad oggi ho raggiunto un certo equilibrio, mi sono resa conto che una dose di regolarità aiuta e almeno nel mio piccolo mi reputo soddisfatta. Non sarò una famosa blogger, e tra l’altro quella è una strada che forse avrebbe potuto funzionare diversi anni fa, però a livello personale gestisco questo blog bene, nel senso che pubblico quando mi va, e mi va abbastanza spesso. Mi sono data come regola generale comunque di scrivere di ciò che leggo e questo aiuta molto. Ogni tanto avverto la necessità di scrivere dei film o delle serie che vedo, ed è anche questo un buon esercizio; vorrei scrivere più spesso riflessioni autonome e compiute ma dovrei prendere la buona abitudine di avere un taccuino sempre a portata di mano (ok, questo è un buon proposito da… subito!). Mi rendo conto che il ritmo che ho preso mi dà stimoli e a volte mi capita di dovermi appuntare qualcosa mentre faccio tutt’altro, credo sia un buon segno. Fin qui ho parlato di non fiction. La narrativa è un percorso che mi sono sempre preclusa per timore di non essere all’altezza e perché sapevo, me lo ha insegnato Stephen King, che la costanza è determinante e quindi non ci provo neanche se non voglio/posso fare sul serio.

santoniTutto ciò premesso, quando ho letto della pubblicazione di La scrittura non si insegna di Vanni Santoni sono corsa a cercarlo. L’ho ordinato nella mia libreria di fiducia perché un’altra regola che mi sono data è quella di sostenere per quanto possibile le librerie fisiche e indipendenti. Dopo un’attesa di qualche giorno in più perché dovevo finire di leggere il libro di Lehane (intanto ho iniziato il secondo della serie Coughlin!) l’ho praticamente divorato ieri. Alcune conferme, buoni spunti pratici (le riviste letterarie!) e il profondo senso di inadeguatezza che ne è scaturito non mi ha abbattuta. So che delle liste di letture fondamentali ho letto pochissimo, ma sono consapevole che ho letto comunque moltissimo – altro – e non ho nessuna intenzione di smettere di leggere. Pensavo di essere una lettrice onnivora ma col tempo ho scoperto che in realtà ho sempre fatto una discreta selezione a monte per cui non ho quasi mai abbandonato la lettura di un libro, anche se alcuni li ho trovati ostici. Del resto non tutti i libri sono per tutti e non tutti i libri sono per tutti i momenti. Mi sono scoperta ccomunque attenta allo stile e al linguaggio, e chissà se un domani potrei davvero provare a cimentarmi con la scrittura narrativa. Quando si esce dal regno dell’impossibile, tutte le opzioni diventano realistiche.

La buona notizia è che dopo aver letto il libro di Santoni la mia lista di letture si è decisamente ampliata. Di certo è che ho compreso di aver definitivamente abbandonato l’ideale romantico del talento letterario e mi sembra già un primo traguardo. Da ultimo avrei un appunto riguardo la lista delle banality (forme ricorrenti di cattiva scrittura) in cui ritrovo “basso muro a secco”, che non ricordo di avere mai individuato nelle mie letture e però, da amante della mia terra e in particolare del ragusano dove sono forse ridondanti, io stessa mi sono trasformata in un cliché, cioè ogni volta che li vedo devo elogiare quegli “adorabili muretti a secco” con ormai scontato disappunto di chi mi accompagna. Sono sicura che se dovessi mai scrivere qualcosa finirò per inserire quella che forse è un’insana passione per un elemento tipico del paesaggio di certa Sicilia. Me ne farò una ragione, ma soprattutto vorrà dire che avrò scritto davvero qualcosa!

4 pensieri su “La scrittura non si insegna

  1. amleta ha detto:

    Quando leggo di certi corsi di scrittura creativa costosi mi viene da gridare. Io son stata per uno stage breve alla Holden dove ho scoperto “L’Industria del Libro” e ho rifiutato di farvi parte. Avrei potuto avere contratti con grandi editori ma ho detto di no. Avrei potuto pure avere la “spinta” da parte di Camilleri, mio compaesano, ma ho rifiutato anche questa. E tutto questo per aiutare dei piccoli editori che non mi hanno neanche mai ringraziato. Lotto contro i mulini a vento ogni giorno perchè non sto su facebook, non sto su twitter, non sto su intagram e tik tok…praticamente non esisto, se non su wordpress dove gestisco dei blog. Non ho mai scritto per soldi. Non ho accettato di mettere pubblicità nei miei blog e non ho mai chiesto a nessuno di recensirmi e non mi son mai fatta pubblicità. Sono un’ingenua in un mondo di lupi affamati che cercano di primeggiare. E vedo ogni giorno che la grnte non legge più molti libri, non esce più di casa, non vuole rapporti reali ma solo virtuali e io…io sono tutto l’opposto di questo e vengo isolata per le mie idee diverse.

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