1 ottobre tra grandi opere trivellate e resistenze mai dome

Sei anni dall’alluvione. Anzi no, sei anni di alluvioni. Come una ruota che gira e prima o poi tutti tocca. Non c’è caso e non c’è destino però, ci sono precise responsabilità, sistemiche, diffuse e concentrate. Ignavia, inerzia e dolo.

Intanto la Sicilia è l’unica regione tra quelle interessate a non mobilitarsi contro le trivellazioni. Crocetta ha i suoi interessi tra Eni e Gela. Intanto la centrale Edipower di S. Filippo del Mela dovrebbe diventare un inceneritore (le espressioni tipo ‘termovalorizzatore’ lasciamole a chi piace l’ombrello di Altan).

Intanto torna in primo piano il discorso del Ponte sullo Stretto, rivendicato da Alfano nonostante la freddezza di Del Rio. Ma è più preoccupante il fatto che ancora troppa gente ritenga positivo e auspicabile, addirittura necessaria questa Grande Opera nonostante le evidenze contrarie, nonostante l’infinita quantità di soldi pubblici gettati via negli ultimi decenni per compilare solo inutili faldoni che giacciono negli uffici pubblici.

C’è uno svincolo autostradale (Giostra) aperto solo a metà, ci sono strade e viadotti che stanno in piedi per miracolo, gallerie con un meraviglioso quanto raro fenomeno (poco) naturale di pioggia al coperto. Col ponte invece…

Nel frattempo, nell’agonizzante quotidiano le resistenze sono sempre più messe a dura prova. Penso a quanto dice Wu Ming 1 rispondendo ad una cronista di Repubblica: a Messina due attivisti del Teatro Pinelli hanno subito una condanna vergognosa nell’indifferenza dei più:

TEATRO PINELLI OCCUPATO
Comunicato stampa 25 settembre 2015

Ieri, 24 settembre 2015, Irene e Sergio, i due attivisti arrestati per avere espresso solidarietà a una senza casa accampatasi in un’aiuola posta nei pressi del Tribunale e del Rettorato, sono stati condannati rispettivamente a 6 e 10 mesi di detenzione. La sentenza giunge inaspettata, specie dopo la visione completa dei video forniti da emittenti locali e le testimonianze, favorevoli agli imputati, da parte di carabinieri presenti all’azione dimostrativa delle settimane scorse. Testimonianze e filmati privi di tagli, che mostrano una realtà dei fatti ben diversa da quella suggerita nel corso di una campagna politica e mediatica volta a descrivere i suddetti attivisti come violenti. Una realtà fattuale tanto diversa da costringere il Pubblico Ministero a fare decadere tre accuse su quattro e chiedere che gli imputati venissero condannati, unicamente per “resistenza psicologica”, a 4 mesi di detenzione.

I filmati esibiti nel corso del processo verranno messi a disposizione dell’opinione pubblica non appena sarà tecnicamente possibile. Crediamo che la loro visione conforterà la nostra impressione che la sentenza di ieri sia molto poco giuridica – legata cioè a una obiettiva analisi dei fatti materiali – e decisamente politica. È infatti evidente che rinunciare a una condanna esemplare degli attivisti – pur in presenza di prove inoppugnabili della loro personale innocenza – avrebbe significato porre automaticamente sotto accusa i vigili urbani e quel complesso politico che si è mobilitato a loro difesa. Stabilire l’innocenza degli imputati, sia pure sulla base di quelle prove incontestabili, avrebbe comportato l’implicita assunzione da parte del potere giudiziario di un ruolo extra-giuridico, che avrebbe finito con lo screditare la gran parte delle forze politiche in un momento così cruciale della vita politica cittadina. Infine l’assoluzione degli imputati avrebbe implicato un distanziamento del potere giudiziario locale da quel nuovo orientamento che, da nord a sud, criminalizza sistematicamente il dissenso e i movimenti sociali nuovi e vecchi, organizzati e spontanei, frutto della crescente diffusione di nuove povertà e dei tagli alla spesa pubblica in materia di alloggi, sanità, lavoro e cura dei territori .

Crediamo che la sentenza di ieri sia estremamente preoccupante, non solo perché contraria alla realtà sensibile (quella che ognuno potrà presto vedere coi propri occhi sui social network), ma perché conferma il modo in cui la tendenza ad affrontare le questioni sociali per via penale sia ormai una pratica che caratterizza le istituzioni nel loro complesso e come ciò abbia fatto saltare, forse definitivamente, il principio di divisione dei poteri e i classici meccanismi di garanzia dei cittadini.

In questo quadro, la nostra fiducia nei confronti dell’autorità pubblica e delle istituzioni non può che abbassarsi ulteriormente e confermare la nostra determinazione a continuare il nostro impegno con le nostre tradizionali forme. La lotta continua perciò dentro e fuori i tribunali.

Irene e Sergio liberi subito!

Un chiarissimo commento di Pietro Saitta in merito

Un tempo si sarebbe detto che “la giustizia borghese non si fa”. 10 mesi per Sergio ai domiciliari, 6 per Irene. Straordinario se si considera che il PM aveva chiesto la decadenza di tutte le accuse, tranne quella di “resistenza psicologica”, e 4 mesi di reclusione (con carabinieri che testimoniano a favore degli imputati e video che dimostrano che non era accaduto pressoché nulla di quanto dichiarato). Tutti quelli in aula, insomma, davano per scontata la piena assoluzione e, invece, arriva questa mazzata. Un esito che, chiaramente, non ha nulla a che fare coi fatti, ma che svela tutta la rilevanza politica della vicenda. Ora e sempre, la lotta continua. Irene e Sergio liberi subito!

Bonus track o ghiottonerie:

Mentre riappare Luther Blissett, qualcuno sta lavorando ad un radioromanzo di Q. 

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