Una recensione o una chiamata alle armi?

48-confessioni-sicario-beat-x-giornaliConfessioni di un sicario dell’economia

di John Perkins

ebook, 308 pagine

22 febbraio 2012 minimum fax

Il libro di John Perkins fondamentalmente denuncia la follia del capitalismo e colpisce soprattutto perché tale atto di accusa proviene da un insider. In realtà ciò che viene descritto nel libro è qualcosa che chi vuole già sa, o può sapere, e le affermazioni in esso contenute non possono che essere condivise da chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale. Ciò è vero ad esempio quando paragona il capitalismo allo schiavismo:

il moderno mercante di schiavi si tranquillizza dicendosi che quei disperati stanno meglio se guadagnano un dollaro al giorno piuttosto che niente, e che ricevono comunque l’opportunità di integrarsi nella più vasta comunità mondiale. Anche lui capisce che questi disperati sono fondamentali per la sopravvivenza della società per cui lavora, che sono il fondamento del suo stesso stile di vita. Non si ferma mai a pensare alle implicazioni più profonde di ciò che lui, il suo stile di vita e il sistema economico che ci sta dietro stanno facendo al mondo, o al modo in cui potrebbero influenzare da ultimo il futuro dei suoi figli.

O ancora “deprechiamo la schiavitù, ma il nostro impero globale schiavizza più esseri umani dei romani e di tutte le altre potenze coloniali che ci hanno preceduto”. “In realtà” afferma ancora Perkins, “promuovere il capitalismo genera un sistema che somiglia alle società feudali del medioevo”. Fa rabbrividire la legalità delle pratiche descritte nel libro, pratiche ampiamente difese anche oggi ad esempio nei confronti della Grecia ma del resto, come osserva l’autore “il sistema è lecito per definizione”. E si ammette candidamente che i numeri, le statistiche, l’econometria, in sintesi la scienza economica possono essere manipolate per appoggiare le politiche imperialistiche degli organismi internazionali e degli stati, con un elegante velo di attendibilità scientifica. Le conclusioni, amare ma sincere del percorso che ha spinto Perkins a raccontare la sua personale esperienza mettono ognuno di noi di fronte alla propria coscienza, rivelando anche l’assurdità dei complottismi ed anche il facile gioco che essi fanno al sistema: “sarebbe perfetto se potessimo attribuire tutto ciò a un complotto, ma non è così. L’impero dipende dall’efficienza delle grandi banche, delle corporation e dei governi – la corporatocrazia – ma non è un complotto. La corporatocrazia siamo noi – siamo noi a realizzarla – ed è per questo ovviamente, che ci riesce così difficile ribellarci e combatterla”. L’impero descritto magistralmente da Hardt e Negri esiste e tutti noi ne siamo parte, complici più o meno consapevoli della sua perpetuazione. I consigli che Perkins offre alla fine del testo sono allo stesso tempo semplici e difficilissimi. Probabilmente insufficienti nell’ottica individualistica in cui vengono proposti. Manca effettivamente una visione politica globale che vada al di là della bella retorica sulla fondazione degli Stati Uniti come paese di uomini liberi che si ribellò al colonialismo inglese. Possiamo documentarci, parlare, fare ognuno la propria parte ma è comunque necessaria una rete di conoscenze e azioni. Resto convinta che le categorie elaborate da Marx ed in primis l’attualità della lotta di classe siano le uniche basi teoriche e pratiche efficaci ancora oggi per realizzare una concreta opposizione al sistema, e debbono essere declinate necessariamente nelle nuove forme di lotta a tutela dell’ambiente e delle popolazioni ai margini in tutto il mondo.

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