Capita di rispondere ad annunci di lavoro, i più disparati, come già successo, e così capita sempre più spesso di toccare la degradazione del lavoro. Ultimamente ho seguito due corsi con finalità di assunzione, ovviamente con contratto di collaborazione tramite agenzia o con i magnifici ‘voucher’, e ripensandoci butto giù qualche riflessione. Entrambi i corsi prevedevano due moduli obbligatori su (a) salute e sicurezza sul luogo di lavoro e (b) diritti e doveri dei lavoratori somministrati. Divertente, ve lo assicuro, quando il sindacalista di categoria esordisce dicendo che
“neanche noi stiamo capendo quello che sta succedendo”
e sta parlando del mondo del lavoro, mica di onde gravitazionali ad un corso per sommelier! Cominciamo bene, mi son detta. E la domanda che mi è sorta mentre sciorinava la storia dell’involuzione dei diritti dei lavoratori, e che ho trattenuto perché mi sarebbe dispiaciuto infierire, suonava press’a poco così; “scusate, ma voi – sindacati – dove minchia eravate nel frattempo?”
La seconda settimana forse per fortuna il sindacalista era un altro, le storie più o meno uguali. Almeno ci ha fornito copia del contratto che, bontà loro, prevede un sacco di tutele per i lavoratori in somministrazione, ovviamente finché hanno i contratti in essere:
Simpaticamente questo testo, che è comunque una conquista per molti lavoratori atipici, mi sembra un po’ la cartina di tornasole del presente e futuro del lavoro in genere: precarietà messa a sistema, tutele più illusorie che concrete, e una data di scadenza per tutti.
Resto convinta che le parole siano importanti, e leggere o sentire di impresa “utilizzatrice” mi suona raccapricciante, perché ho imparato in tenera età la distinzione tra cose e persone e sentire che i lavoratori vengono utilizzati la chiamerei barbarie.
Quella barbarie che ormai ha vinto, tra fili spinati e muri alzati un po’ ovunque.

Strategie alternative alla crisi in un liceo di Messina
EDIT (8 marzo): imprescindibile l’articolo di Fabrizio Gatti che colpevolmente leggo solo ora.