Immemori

Come ha sottolineato Žižek, oggi molti bevono caffè senza caffeina e birra senza alcol. Adottano bambini a distanza e seguono la politica internazionale o più recentemente le fluttuazioni dello spread, sentendosi fieri del proprio senso di responsabilità e della propria virtù, incapaci però, alla prova dei fatti, di sacrificare una parte del proprio io per riuscire a provare autentica empatia per le persone significative della loro vita. É di questa nuova maggioranza desensibilizzata, che dispone di droni e tastiere d’una potenza inaudita per fare le guerre senza sporcarsi neppure un alluce sul terreno nemico, che dobbiamo avere paura. (Riccardo Mazzeo)

Con qubaumaneste parole Mazzeo conclude l’introduzione al breve testo di Bauman Le sorgenti del male, un libro che idealmente prosegue il percorso di Modernità e olocausto nel tentare di capire come il male non sia altro da noi, né eccezione sulla strada della modernità. Sarebbe facile se il mondo si dividesse in buoni e cattivi, se il bene e il male fossero distinti e separati, ma questa è una retorica di destra che poco ha a che fare con la realtà.

Leggere questo libro proprio a ridosso del giorno della memoria è stata una felice coincidenza, che incoraggia anche ad approfondire le questioni poste dal caso e dal tempo.

La memoria non è mai abbastanza, e non deve mai diventare alibi o paravento. Eppure è quello che succede sempre più spesso, nell’indifferenza e nella falsa responsabilità di cui ci sentiamo anche fieri. E nel gioco della fottuta risonanza che mi stupisce ogni volta avevo letto qualche giorno prima questo post di Loredana Lipperini che richiama un articolo di Thomas Friedman, The Age of Protest,ripreso lungamente da Il Post e che presenta la fin troppo breve vita dell’indignazione al giorno d’oggi.

In ogni caso è ridicolo celebrare il giorno della memoria mentre proprio in Europa si continuano ad alzare muri, il mar Mediterraneo sta diventando il più grande cimitero del mondo e pure nazioni apparentemente “perfette” prendono decisioni disumane che ci riportano agli anni più bui del Ventesimo secolo. E le stesse persone che come automi velano la loro foto del profilo con una bandiera francese e condividono qualche frase ormai mainstream sull’olocausto poi inneggiano all’affondamento dei barconi o in maniera più sottilmente brutale fanno dei distinguo tra chi dovrebbe avere il diritto ad essere accolto e chi no. Tutto questo smentisce ancora una volta la tesi dell’eccezionalità dell’Olocausto e ci dovrebbe rendere tutti orgogliosi “fomentatori di panico” come si è dichiarato Anders:

ai giorni nostri, il più importante compito morale è quello di rendere le persone consapevoli che hanno bisogno di essere allarmate, e che le paure che le assillano hanno valide ragioni.

Bauman, chiudendo il testo con queste parole, si rammarica di non aver appreso le conclusioni di Anders durante la stesura di Modernità e olocausto. Noi tutti dovremmo evitare di rimpiangere l’aver ignorato i terribili segnali che la realtà ogni giorno ci invia.

 

 

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