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Il corpo e il sangue di Eluana Englaro: lo stupro assoluto
di Giuseppe Genna
Prima
di iniziare qualunque discorso sulle drammatiche ore che sta vivendo il
Paese, poiché queste ore si scatenano utilizzando in maniera oscena e
quasi triviale il corpo e il sangue di Eluana Englaro, è a lei – a
quello che è stata e a quella crisalide abbandonata che è ora – che
dovrebbe andare un silenzio meditativo e privo di giudizio. Il suo
corpo e il suo sangue non sono offerti in dono, e comunque non affinché
l’eventuale dono si tramuti nel massacro volgare a cui stiamo
assistendo. Il suo corpo inabile poiché inabile è il suo organo
cerebrale, e quei 17 anni di pura vegetazione: la tragedia prima è
questa, cioè l’artificialità con cui la natura è stata soppressa da una
seconda natura, violentissima, che ne ha stuprato la volontà certa,
comprovata, che lei non avrebbe desiderato per sé l’artificio che
mantenesse respirante un corpo incapace di sopravvivere, nemmeno di
vivere, senza l’ausilio di questo emblema della tragedia tutta, che è
“il sondino”.
Davvero non coglie pietà a fronte di un corpo rattrappito, una persona
che non detiene più il principio di personalità? Pietà pura, intendo:
non giudizio pietoso o pietistico, e tantomeno ideologico.
Raffiguratevela mentalmente e sentitevi lei. Perché, se non si
riaccende l’empatia e la pietà, cioè l’amore stesso, ogni parola è vana
e ciò che si sta per leggere diventa ulteriore rumore nella lugubre e
drammatica caciara di queste ore italiane – nell’espropriazione
definitiva dell’Italia repubblicana da se stessa, che è la fase che ci
stanno facendo vivere: a noi, non a Eluana.
L’ordine del discorso parte dalla concretezza della situazione
corporea, ed eventualmente animica (come si specificherà di seguito),
di Eluana Englaro. Si deve partire concretamente, materialmente,
mondanamente da lei: non si deve prescindere da lei. Deve
rimanere presente, come un filo rosso acceso, per tutto il discorso.
Qualunque grado di affermazione deve essere riportato a quel corpo che
sta nel letto della clinica La Quiete, questo luogo assediato tutto attorno da una nazione che pressa diventando Il Rumore.
Il rumore stupra il silenzio di fronte al quale ci si pone vedendo il
corpo e il sangue di Eluana Englaro e il suo mistero finale – una fine
che dura intatta e intollerabile da 17 anni.
Si parte, nell’ordine del discorso, da quanto il premier Berlusconi, in
evidente coordinamento con le gerarchie della chiesa cattolica, sta
compiendo in queste ore: è un discorso politico. Si continua il
discorso esaminando la posizione eversiva, rispetto a uno Stato laico e
sovrano, della chiesa cattolica. Si giunge, dunque, a discutere della
situazione di Eluana. E si conclude il discorso: ogni discorso, come
ogni esistenza, affonda nel silenzio – ed è a questo silenzio che si
inviterà lo sguardo e il corpo tutto di chi legge queste parole.
Lo stupro politico
Ciò che sta avvenendo in queste ore già definite drammatiche per
l’Italia: è un colpo di Stato, o perlomeno una discontinuità, un evento
politico che chiude la parentesi iniziatasi nel 1992/93.
Fino a venerdì, quando ha deciso lo strappo istituzionale più grave
della storia della Repubblica, il premier Berlusconi aveva enunciato
una sua posizione personale sul caso Englaro (già questa oscenità
giornalistica andrebbe ricondotta a silenzio: “il caso Englaro”, “il
caso Cogne”, “il caso Meredith” – questa morbosità spalmata sui lobi
cerebrali della nazione, che se li fa spalmare volentieri…). La
posizione del premier Berlusconi era di totale incertezza, di
solidarietà con Beppino Englaro, di empatia con l’ambiguità terribile
del momento e della scelta. Confesso che le sue dichiarazioni umane,
discrete, finite per una volta in minimi trafiletti e non in
obbrobriose paginate, costituiscono per me l’unico momento,
in quasi un ventennio, in cui Silvio Berlusconi mi è parso umanamente
comprensibile, tremulo – e quindi virtuoso. La sensazione di simpatia
non ha avuto il tempo di durare.
Il premier ha scelto di muoversi politicamente sfruttando il corpo
privo di coscienza di Eluana Englaro: ha, cioè, scelto di muoversi
antipoliticamente. Ha sfruttato l’emotività amplificata dai media
intorno al corpo di Eluana Englaro per scatenare la tempesta perfetta
di una lacerante mossa di scacchi: la mossa di fare saltare la
scacchiera tutta della politica, intesa nell’accezione istituzionale.
Non fosse chiaro quanto è successo, tento di riassumerne i momenti
cardinali e le motivazioni sottaciute, enunciate invece alla nazione
con spudoratezza mussoliniana, come ricorda il fondo di Eugenio
Scalfari su La Repubblica di oggi:
– Improvvisamente, mutando opinione e rompendo la discrezione che aveva
mantenuto fino a quel momento, Berlusconi convoca il consiglio dei
ministri affinché emani un decreto legge di applicazione immediata per
interrompere il protocollo che porterà il corpo incosciente di Eluana a
una morte naturale. Il decreto legge è uno strumento straordinario e,
in quanto tale, deve essere approvato dal Presidente della Repubblica,
poiché esso scavalca, per presupposti di urgenza ma anche di
opportunità, il lavoro del Parlamento. Prima di emettere un decreto
legge, che cioè diventa legge dello Stato senza essere votato dai rappresentanti del popolo,
esistono contatti con la Presidenza dello Stato, onde evitare conflitti
ai più alti livelli istituzionali. Tali contatti, parzialmente
riservati, hanno al proprio centro il parere del Capo dello Stato: il
quale, rispetto al decreto legge in questione, avanza le sue
perplessità di anticostituzionalità e anticipa in una lettera privata,
indirizzata al premier, che non firmerà il decreto in questione.
Questo è il momento in cui, sfruttando lo stato emotivo confusionale
del Paese, Berlusconi decide di compiere la sua istantanea, fulminea
marcia su Roma: al di fuori da ogni protocollo, rende pubblica e
commenta, con un’interpretazione assolutamente deviante, la lettera
inviatagli da Napolitano. Attraverso negazione, evoca l’improponibile
spettro dell’impeachment nei
confronti del Capo dello Stato. Non può più fare il decreto legge,
passerà per il Parlamento: in tre giorni la legge sarà fatta – l’arco
di tempo in cui il Cristo ci mise a risorgere, secondo i credenti.
– La ragione centrale di un’eventuale discussione parlamentare, che
viene relegata sullo sfondo e dimenticata, è che si tratta di materia
complessa eticamente e dunque politicamente, già al vaglio delle
Commissioni e in discussione alle Camere: si tratta di stabilire una
regolamentazione della materia che si riassume come “testamento
biologico”. Da questo momento, il Parlamento, composto da una
maggioranza che obbedisce soldatescamente alle disposizioni del premier
voluto dagli italiani, è esentato da quel dibattito complesso e
decisivo, che viene stracciato, abbandonato, silenziato. Si voterà il
decreto legge urgentemente.
Questo è il momento in cui, secondo le categorie classiche, la democrazia si trasforma in demagogia: si attua uno stupro nei confronti della democrazia. La Repubblica è stuprata.
– In pari tempo, e del tutto coerentemente, il premier non smette di
attaccare il Capo dello Stato e arriva a mettere in discussione una
Costituzione che è riconosciutamente un modello di equilibratezza. Lo
fa con due argomenti: la Costituzione gli limita i poteri, perché se
lui vuole decidere con urgenza e non convocare le Camere, vuole poterlo
fare e la Costituzione invece gli mette i bastoni tra le ruote,
regolamentando i processi attuativi, riportandoli nella logica saggia e
democratica del contrappeso tra poteri, impedendo così una deriva da caudillo al
governo dell’Italia; il secondo argomento, tutto mediatico, giocato
sulla menzogna storica, è che la Costituzione sarebbe stata influenzata
da padri fondatori ideologizzati, in particolare da comunisti che
guardavano all’Unione Sovietica, e, nel condizionamento mediale che va
avanti per slogan a effetto, ciò viene espresso con la sintesi che “La
Costituzione è filosovietica”, il che fa saltare le premesse di ogni
plausibile sillogismo, agendo sulla componente irrazionale di metà di
un popolo che tale non è mai diventato. Poiché la Costituzione sarebbe
vecchia e comunista (quando è invece modernissima, presa a esempio da
altre nazioni, e fu elaborata proprio prescindendo dai possibili
ideologismi del tempo, che ne avrebbero condizionato la durata e la
validità, secondo tutte le testimonianze storiche che sono
pubblicamente consultabili), Berlusconi annuncia che vuole riformare la
Costituzione, avendo tuttavia giurato su di essa. E’ il rischio che si
paventava da anni e che si realizza ora, sfruttando il corpo e il
sangue di Eluana Englaro come un’occasione disumana per realizzare un
progetto politico che data da lungo tempo.
– Messo all’angolo il Capo dello Stato, approfittando di un’opposizione
incapace di schierare masse che appunto si oppongano a una decisione e
un proposito di inaudita gravità, cavalcando l’assenza di percezione
collettiva rispetto al baratro in cui viene di colpo a trovarsi la
Repubblica, Berlusconi salda un’indegna allenza con il Vaticano, ben al
di là dei Patti che governano i rapporti tra i due Stati. La chiesa
cattolica, per bocca dei suoi esponenti e per atti mediatici dei suoi
sostenitori più integralisti, sulla vita artificiale di Eluana Englaro
ha montato una deriva mediatica di inarginabile potenza. La
politicizzazione della chiesa cattolica è esplicita, al di là delle
ragioni morali che saranno qui sotto discusse. E’ un debordare delle
politiche vaticane al di là dei confini statuali, è una metastasi
ideologica che, se di per sé si pone come anti-liberista, va a
congiungersi con la componente politica italiana più liberista della
storia repubblicana. E’ un pressing che era garantito da quello che
Pasolini definiva “clerico-fascismo” nei decenni andati, e che oggi si
ripresenta geneticamente mutato: la chiesa cattolica si allea con un
premier massone (una volta iniziati alla massoneria, si resta massoni a
vita), a un gruppo di divorziati che partecipano al Family-Day, a una
componente tecnocratica della vita politica di uno Stato laico ed
estero. A questa chiesa cattolica, il premier risponde “sì”: non
mistiche nozze. Si dà una giunzione di nuova specie, per nulla
corrispondente al sondabile legame che strinse la stessa chiesa alla DC
nel corso della Prima Repubblica.
– Berlusconi utilizza una pressione personale e mediatica sul corpo e
il sangue di Eluana Englaro e addirittura sul padre di lei. Afferma
cose gravissime, infondate dal punto di vista clinico, raccapriccianti
per qualunque popolazione: “Potrebbe avere un figlio”, evocando
propriamente lo stupro necrofilo di
un film di Almodovar o di Tarantino e, al contempo, una concezione dei
diritti della donna che viene sottesa non tanto subliminalmente, e che
dovrebbe portare immediatamente in piazza la metà femminile e la parte
maschile libertaria di questo Paese, per protestare. “Ha il ciclo
mestruale” rincara il premier con modalità che valicano lo splatter.
Enuncia giudizi insostenibili sul padre di Eluana Englaro e subito a
Udine appare la scritta “Peppino boia”. Una vedova di Nassirya dice che
Eluana Englaro sorride e non è vero. Il neurologo Giuliano Dolce
assicura che Eluana Englaro è in grado di deglutire e non è vero. Il
premier, in pratica, mette in moto l’oscenità della disinformazione su
larga scala. Sfrutta l’emotività come ogni populismo che corra dritto
verso la legittimazione di una dittatura ha fatto.
La verità è stuprata.
– Con il decreto legge, il premier avrebbe reso vana una sentenza della
Magistratura, potere che per Costituzione è indipendente
dall’Esecutivo. E’ un tema che accompagna dal 1992-93 la vita politica
di Berlusconi. La Magistratura controllata dal governo è uno dei
capisaldi del Piano di Rinascita Democratica elaborato
da Licio Gelli, gran maestro della loggia eversiva P2. Punto per punto,
Berlusconi ha realizzato in quindici anni quel piano. Si trova
all’ultimo ostacolo: rendere vani i contrappesi istituzionali, arrivare
a un presidenzialismo che, di fatto, è una dittatura solo
apparentemente morbida. Ciò che è osceno è che questo allucinante
progetto politico non passi al vaglio delle coscienze democratiche, ma
venga inaugurato con un tragico strappo di potere che fa perno sul
corpo e sul sangue di Eluana Englaro.
Lo stupro cattolico
La chiesa cattolica ritiene di giocare una battaglia fondamentale sul
corpo e sul sangue di Eluana Englaro. Vincere questa battaglia varrebbe
pareggiare il conto dopo la sconfitta subìta per il coraggio e la
determinazione di Piergiorgio Welby, devastato da sclerosi laterale
amiotrofica, che ha gridato senza voce all’Italia il suo diritto a
morire in pace, a sospendere un accanimento terapeutico per lui
intollerabile. Senza macchine o artificialità sia Welby sia Englaro
muoiono. Qui si evidenzia lo scontro frontale, decisivo politicamente
perché decisivo biologicamente, tra natura e tecnologia.
In queste battaglie, la chiesa cattolica cade in una contraddizione che
si rivelerà devastante per la sua storia. Essa sta divaricando il suo
popolo con una forbice che si allarga: da una parte chi crede alla
chiesa istituzionalizzata e dall’altra chi crede al Cristo. L’amore nei
confronti della vita si converte in una difesa della sopravvivenza a
ogni costo. Se c’è un tema che l’attuale pontefice, Joseph Ratzinger,
propala dall’inizio del suo vicariato a oggi, è la battaglia contro il
relativismo. La scienza e lo scientismo sono i canali che veicolano il
relativismo come metodo e come propria espressione fondamentale. Nel
caso di Eluana Englaro, è proprio alla scienza che la chiesa cattolica
affida il suo messaggio. Già da tempo la chiesa cattolica non propaga
più la metafisica testimoniata dal Cristo, bensì la verità della
propria tradizione istituzionale. Nel fondamentale saggio La nemesi medica, l’ex sacerdote Ivan Ilich avvertiva del pericolo:
“Le
pratiche mediche diventano magia nera quando, invece di mobilitare i
poteri di autoguarigione del malato, lo trasformano in un flaccido e
mistificato guardone della propria cura.”
Senza considerare
che in questo caso il paziente nemmeno è in grado di guardare, aderendo
a questa magia nera, la chiesa cattolica si attacca al respiratore
automatico.
Sta succedendo sempre più spesso, negli ultimi tempi. La sacralità del
matrimonio, evocata ai tempi della proposta sui PACS, si riferisce a
un’istituzione che non è affatto un’istruzione cristica, ma
ecclesiastica (il sacramento, per come lo conosce la modernità, risale
al X secolo dopo Cristo). In questa istituzionalizzazione del prossimo
e dell’amore (che, secondo Illich, ma non soltanto secondo lui, deriva
da una misinterpretazione della parabola del “Buon Samaritano”), giunge
anche l’istituzionalizzazione della vita: che diventa indifferente dalla sopravvivenza.
La posizione della chiesa cattolica gronda contraddizioni. E’
sorprendente che perfino un filosofo pervicacemente cattolico, che mai
si è sbilanciato a sfavore delle dottrine vaticane, quale è Giovanni
Reale, in un’intervista al Corriere della Sera (7.2.09) denunci la contraddizione fondamentale della battaglia sul “sondino”:
Quando
entra nel merito della vicenda di Eluana Englaro, cita il francese Jean
Baudrillard. Da 17 anni, per Reale, Eluana Englaro sopravvive a prezzo
della vita. «La tesi portata avanti da molti uomini della Chiesa, e ora
anche del governo, è sbagliata e va corretta — dice il filosofo —. Nel
caso di Eluana vedo un abuso da parte di una civiltà tecnologica
totalizzante, così gonfia di sé e dei suoi successi da volersi
sostituire alla natura. Si è perduta la saggezza della giusta misura.
La Chiesa, e il governo insieme a lei, sono vittime di questo paradigma
culturale dominante».
[…] Se il diritto alla vita perde la precedenza su tutti gli altri
valori, sa anche lei quale potrebbe essere il prossimo passo: parlare
in termini meno ideologici di eutanasia. «Errore. Io non lascio aperto
nessuno spiraglio all’eutanasia. Non dico: fammi morire. Ma: lasciami
morire come ha stabilito la natura. Né io, né tu. La natura. Prendiamo
il caso di Piergiorgio Welby, che ho seguito da vicino. Welby
sostanzialmente non disse: staccate la spina. Ma: lasciate che la
natura faccia il suo corso, non fatemi restare vittima di una
tecnologia che costruisce qualcosa di sostitutivo e artificiale
rispetto alla natura. È un’affermazione identica a quella che si dice
abbia fatto Giovanni Paolo II: lasciatemi tornare alla casa del Padre».
L’insanabile
contraddizione in cui si sta iscrivendo il magistero e l’azione
dell’attuale chiesa cattolica conduce a tentennamenti sconcertanti: la
difesa dell’embrione a fronte della cura per la vita e la sopravvivenza
concessa dalle cellule staminali; l’attacco alla contraccezione che
confonde la potenzialità di fecondazione con il fatto che la
fecondazione avvenga (dunque: perché non darmi dello sterminatore, io
che potrei avere decine di figli e non ne ho fatto uno che sia uno?);
la resa di fronte agli attuali studi sulla coscienza a fronte
dell’insegnamento sulla persistenza dell’anima.
Quarant’anni orsono, il corpo di Eluana Englaro non avrebbe subìto un
calvario per più di tre lustri. La tecnologia non ne avrebbe impedito
la morte naturale. La difesa a oltranza della sopravvivenza corporea
dipende dunque da un passo in avanti della scienza. Il timore della
chiesa cattolica circa la depopolazione, che è un’ideologia
contrapposta a un’ideologia di stampo liberista, sta conducendo il
pianeta e la specie all’esaurimento della vita stessa. Tutto ciò
dipende, a conti fatti, dal processo di “istituzionalizzazione del
prossimo” che, al contrario di quanto facilmente dichiarato ai media da
esponenti vaticani e non intimamente meditato, è tutto tranne che il
rispetto della persona Eluana Englaro: fa di questa persona una sineddoche,
cioè una figura retorica, come è tipico di ciò che è ideologico. La
modernità occidentale è figlia della compassione istituzionalizzata che
crea un nuovo statuto della sofferenza e della povertà. Un processo che
trasforma l’ospitalità e la percezione del dolore. Tutto inizia alla
metà del IV secolo dopo Cristo, nelle tesi di Ilich, quando, sotto
l’influenza cristiana, sorgono i primi veri ospizi per i senzatetto
finanziati dalla comunità. L’effetto? La distruzione della pratica
spontanea e personale dell’ospitalità. Mentre la storia del “corpo in
pena” ci racconta la trasformazione della compassione (esperienza vissuta in prima persona)
in “gestione del dolore” negli ospedali. Luogo istituzionale in cui ai
malati viene conferito uno statuto. Ecco perciò a cosa si riduce
pericolosamente (per se stessa e per chi non aderisce al suo limitante
insegnamento, come il sottoscritto) la chiesa cattolica di fronte a
Eluana Englaro: essa è l’enorme ospedale non più metafisico, che
istituzionalizza il paziente a prescindere dalla persona.
Lo stupro di Eluana Englaro
Alcune verità accertate,
perché frutto di esami clinici e audizioni, non soltanto dei medici e
dei parenti di Eluana Englaro, bensì anche dei suoi intimi amici:
Eluana davvero non avrebbe desiderato vivere artificialmente, priva di
coscienza e personalità; Eluana è priva di coscienza psichica e non ha
possibilità di ritorno a uno stato non vegetativo (va ricordato che,
dopo l’immenso e macabro can-can intorno a Terry Schiavo, l’autopsia
stabilì che il cervello della donna era ridotto alla metà del peso di
un cervello normale, e non esisteva presenza di neuroni): Eluana non
può accedere al dibattito che si sta scatenando intorno a lei.
La posizione apparentemente amorosa, e in realtà profondamente
ideologica, della chiesa cattolica è relativa. Altre metafisiche la
pensano in maniera diversa. Se fossi induista o buddhista, per esempio,
sarei convinto che ciò che accade da 17 a Eluana Englaro è tremendo,
poiché una tecnologia oscena impedisce al principio animico di
staccarsi dal corpo, che è un semplice veicolo fisico. Non è con
l’ideologia religiosa che si può stare quindi di fronte a un caso che
non lo è: per natura, Eluana morirebbe nel giro di poco tempo.
Tuttavia c’è una battaglia civile in corso. Beppino Englaro sta
lottando per un diritto di libertà che si estenda a tutti noi italiani.
Gli sarebbe stato più comodo trasportare il corpo inerte di sua figlia
in Spagna o in Olanda e lì dare corso a quanto la natura dispone. Un
tale diritto, cioè ricongiungersi alla natura,
è il punto su cui il padre di Eluana Englaro sta combattendo una
battaglia di libertà. Sta passando, questo uomo coriaceo, immerso da
anni in un dolore insanabile, una staffetta che eventualmente gli
italiani possono prendere in mano: decidere per un testamento
biologico, decidere se la vita coincide con la personalità e rifiutare
una sopravvivenza che non manifesta la personalità stessa o (per i
credenti cattolici) non permette all’anima di agire attraverso il
corpo. Non è affatto destinale che il corpo inanimato sia obbligato a
un’indefinita e ossessionante sospensione, che nega di fatto ciò di cui
la società occidentale ha paura: vale a dire la morte e il lutto.
Su tutto ciò, si innesca una vicenda politico-istituzionale: si innesca
indegnamente. Siamo al baratro che chiude un’epoca e ne apre un’altra,
e lo siamo nella maniera più immorale con cui potevamo essere condotti
su questa faglia. Avendo a disposizione un tessuto popolare effettivo,
il che in Italia non è, oggi vedremmo le persone manifestare per
appropriarsi di un diritto, così come fu nei casi di divorzio e aborto.
L’innaturale mitosi tra potere ecclesiastico e potere populista fa di
questo Stato la negazione di se stesso.
Per questa ultrema violenza, non liberatrice bensì oscena soltanto,
Eluana Englaro è sotto multipli stupri: è sotto stupro assoluto.
Infine
Poiché questa terra non ti è stata lieve, qualunque altra terra ti sia lieve.
Nel Critone, racconta Platone che a Socrate, incarcerato, il
giorno in cui deve bere la cicuta che gli porterà la morte, gli amici
offrono una via di fuga: potrebbe salvarsi. Accetterà invece la morte,
nella consapevolezza: per rispetto della natura e del “senso” di cui si
è fatto veicolo consapevole, non per rispetto alle istituzioni. E’ la
vita che lo attende dopo la fuga a mutare i contorni di ciò che voleva,
desiderava, credeva. La morte per lui o è un sonno senza sogni oppure è
una possibilità di accedere a una realtà in cui il dialogo è
elevatissimo.
C’è un momento in cui Gesù decide di non scappare e accettare la morte:
Detto
questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente
Cèdron, dove c’era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli.
Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli.
Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite
dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e
armi.
Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?».
Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era là con loro anche Giuda, il traditore.
Appena disse «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra.
Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno».
Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano».
Perché s’adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato».
Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il
servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si
chiamava Malco.
Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?».
Dice bene Giorgio Napolitano, affermando che il dolore non è monopolio
di nessuno. Però quando se ne pretende il monopolio, si chiama una
reazione. Che, in qualche modo, se non in maniera eclatante, prima o
poi giungerà a manifestarsi: è legge fisica ed è legge metafisica. Però
questo concerne il futuro, mentre bisogna stare al presente e abolire
ogni discorso, in un silenzio davanti al corpo e al sangue di Eluana
Englaro, oltre che a quanto suo padre sta facendo per tutti noi e altri
stanno per compiere contro tutti noi.
In silenzio contemplare il corpo e il sangue di Eluana Englaro, la sua
figura scarna, il suo principio vitale che non è personale più, ma
soltanto organico, l’eco del suo desiderio che rimbalza da 17 anni
orsono.
Bisogna provare pietà e amore e con questi, che non sono semplicemente
sentimenti o emozioni, dare forma al silenzio e dare forma all’azione.